💀 Maledetta adolescenza
In rilievo: Adolescence, poveri Millennial, i podcast sono mid, e altro
Quanto stai invecchiando?
Ci sono diversi modi per capirlo. Ad esempio: quanta voglia hai di uscire il venerdì e il sabato sera (sinceramente)?
Oppure, quanto spesso emetti un verso quando ti siedi o ti alzi dal divano?
Ma soprattutto: quanto sei disposto o disposta a rischiare?
Invecchiare non ha solo a che fare con il diventare più grandi.
Spesso ha a che fare con l’inesorabile processo di ricercare la tranquillità, di proteggersi, di evitare scossoni per paura di perdere quello che abbiamo accumulato.
La giovinezza è invece l’energia di buttarsi, di correre il rischio e fidarsi del fatto che, in un modo o nell’altro, si troverà una soluzione lungo il cammino.
Pensaci. Forse è ancora presto per diventare vecchi.
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Nella newsletter di oggi: Italia vs “maranza”, San Pietro su Minecraft e Il Mago del Gelato.
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🔥 IN RILIEVO
I contenuti rilevanti di questa settimana.
Perché tutti parlano di Adolescence?
Perché è una serie praticamente perfetta.
Inizia con un caso di omicidio per il quale viene accusato e arrestato un ragazzo di tredici anni e da lì partono quattro episodi intensi, girati in piano sequenza, durante i quali è impossibile scollare gli occhi dallo schermo.
La recitazione è fenomenale, i dialoghi sono capolavori di scrittura, l’episodio 3 è un’opera d’arte a sé stante.
Vengono introdotti temi come la cultura incel, la manosphere, la teoria dell’80%-20% e altri fenomeni preoccupanti che riguardano gli adolescenti di oggi.
Il finale arriva all’improvviso, lascia un grosso peso da portare e tante cose su cui riflettere.
Su tutte, che l’adolescenza, un periodo che ricordiamo spesso con nostalgia, è in realtà un momento brutale della nostra esistenza al quale siamo stati fortunati ad essere sopravvissuti senza troppi danni (forse).
E che i genitori devono fare di più per salvare i loro figli, ma al tempo stesso non possono fare niente, perché non solo loro, ma la società tutta, oggi, non è preparata ad affrontare l’adolescenza nell’era digitale.
I Millennial sono i più infelici di sempre
Anche gli adolescenti di qualche tempo fa non se la passano troppo bene, comunque.
Sui social spopolano video come questo e questo che usano l’ironia per raccontare una profonda verità: i Millennial sono la generazione più infelice di sempre.
Ma perché è così?
Per vari motivi.
I Millennial (nati tra il 1981 e il 1996) sono stati i primi a vivere un’infanzia con la narrazione ottimista degli anni ‘90: un mondo globalizzato, in crescita, con opportunità infinite.
Poi, però, sono stati travolti da una serie di shock che hanno ribaltato la loro visione del futuro, tra cui la crisi economica del 2008, l’aumento del costo della vita e la diffusione del lavoro precario.
Sono anche stati educati a credere nella meritocrazia e nel valore della produttività, ma poi:
sono la generazione che lavora di più, spesso fuori orario e senza garanzie di crescita
sono iper-formati, ma con stipendi stagnanti e meno benefici rispetto ai loro genitori
sono stati spinti a credere che "seguire la propria passione" fosse un obiettivo, salvo poi scoprire che il mondo reale non funziona così
E a dare il colpo di grazia sono arrivati i social.
I Millennial sono la prima generazione che ha vissuto sia l’epoca analogica che quella digitale, crescendo con Facebook, Instagram e l’idea che la vita degli altri sia sempre più bella della propria.
Sono stati esposti alla cultura della perfezione, si sentono inadeguati e vivono nel costante paradosso della scelta: troppe opzioni (di carriera, relazioni, stili di vita) che rendono impossibile sentirsi soddisfatti di una singola direzione.
Tutto questo li porta a essere, nel loro profondo, infelici, se non depressi.
Uno studio ha mostrato che i Millennials di 35 anni stanno sperimentando un aumento del 40% della mortalità rispetto alla Generazione X, con condizioni come depressione e abuso di sostanze che contribuiscono a questo trend.
Ma come si esce da questa situazione?
I Gen Z sembrano essere individui più adatti al contesto attuale. Sono disillusi, hanno un atteggiamento più pragmatico e cinico: meno sogni irrealizzabili, meno attaccamento al concetto di carriera e più attenzione alla salute mentale.
E forse la chiave sta proprio in un cambio di paradigma: smettere di misurare la felicità con i vecchi standard (carriera stabile, casa di proprietà, successo individuale) e riscoprire modelli di vita più sostenibili, più comunitari, più orientati al presente anziché a un futuro sempre più incerto.
Alla Gen Z non piacciono i video podcast
Mentre l’influencer di turno lancia l’ennesimo podcast in cui intervista un altro influencer, gli Gen Z guardano da un’altra parte.
Ultimamente, YouTube e Spotify stanno spingendo forte sui podcast in formato video, sperando di monetizzare con annunci più redditizi.
Ma i dati dicono altro: il 76% di Gen Z preferisce il solo audio, trattando i podcast come un "second screen" mentre gioca o scrolla altrove.
Spotify fatica a imporsi nel video, mentre su YouTube il 52% degli utenti guarda podcast con immagini invece che con un video vero e proprio.
Il trend è chiaro: per la Gen Z, il podcast è un’esperienza sonora, non visiva. Forzare il video potrebbe essere solo un’illusione per le piattaforme.
La giustizia privata contro i “maranza”
Nelle scorse settimane, Milano è stata teatro di episodi di giustizia privata contro i cosiddetti "maranza", termine che identifica giovani, spesso di origine nordafricana, coinvolti in attività criminali o comportamenti antisociali.
Uno degli episodi più discussi è avvenuto nella zona della Darsena, dove un gruppo denominato "Articolo 52" (come l'articolo della Costituzione italiana che sancisce la difesa della Patria come dovere del cittadino) ha aggredito un giovane sospettato di furto.
Il video dell'aggressione, diffuso sui social, mostra il ragazzo circondato e colpito con violenza, nonostante le sue proteste di innocenza.
Il fenomeno non riguarda comunque solo Milano, ma tutta Italia, con la diffusione di video in cui ragazzi italiani sostengono le azioni del gruppo, lodano l'iniziativa di "riprendersi la città" e minacciano di contribuire in prima persona.
Tutto questo è abbastanza preoccupante, è la conseguenza della sfiducia nei confronti delle istituzioni e rischia di portare a un’escalation di violenza nelle strade.
Perché tutti i prodotti oggi sono “meh”
I prodotti digitali di oggi sono confortevoli, minimalisti, tutti uguali.
Sono progettati per metriche di breve periodo, ad esempio:
massimizziamo il time on screen (tempo che l’utente trascorre sulla pagina), chissene frega se i contenuti sono tossici o irrilevanti
ottimizziamo il click through rate (numero di click di un link rispetto al numero di visualizzazioni), chissene frega se porta a un’esperienza deludente
dobbiamo aumentare il tasso di conversione! Chissene frega se usiamo contenuti ingannevoli
E poi ci sono l’IA e gli strumenti no-code, con cui letteralmente chiunque può creare un sito o un’app, magari scegliendo un bel template consigliato da altri utenti.
Tutto questo porta ad esperienze vuote, mediocri e mai originali.
Come se ne esce?
Così.
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